Osea 4:1: La controversia divina contro Israele
Osea 4:1: La controversia divina contro Israele
In Osea 4:1 leggiamo: “Ascoltate la parola del Signore, o figli d’Israele. Il Signore ha una contestazione con gli abitanti del paese.”Se ti chiedi perché la società sembra andare alla deriva, questo messaggio è per te.
Viviamo in un’epoca di crisi apparentemente inspiegabili. Le notizie ci bombardano quotidianamente con storie di corruzione, violenza, divisioni sociali e crollo dei valori.
Politici e sociologi cercano soluzioni nei programmi economici, nelle riforme istituzionali, nelle strategie educative.
Ma cosa succederebbe se la radice del problema fosse più profonda di quanto immaginiamo?
Il profeta Osea, scrivendo circa 2.700 anni fa, ci offre una diagnosi che suona sorprendentemente attuale.
Non è la diagnosi di un sociologo. Non è l’analisi di un politico. È il verdetto di Dio!
In un tribunale spirituale, Dio stesso porta in giudizio il Suo popolo. Non per crimini evidenti, ma per qualcosa di più sottile e devastante: il deficit spirituale.
Quando una nazione perde la sua bussola spirituale, inizia un processo di decomposizione che tocca ogni aspetto della società.
Come un edificio che crolla quando vengono minate le fondamenta, così una cultura implode quando viene a mancare il suo fondamento spirituale.
Il messaggio di Osea 4:1 ci rivela che ogni crisi sociale, ogni crollo morale, ogni devastazione ha una radice comune: la perdita della conoscenza di Dio.
Il verdetto divino è chiaro e devastante: il popolo di Dio è colpevole di non conoscerlo, di non comportarsi secondo le sue norme e di non obbedire ai suoi comandamenti del patto.
Oggi scopriremo come questa antica verità illumina la nostra realtà contemporanea e cosa possiamo fare per invertire questa tendenza distruttiva.
Osea usa un linguaggio che ricorda un funzionario che si rivolge alla comunità nel nome del re, ma in questo caso parla per conto del Re dei re.
Cominciamo con:
I LA CONVOCAZIONE DIVINA
“Ascoltate la parola del Signore, o figli d’Israele”.
Il messaggio non è altro che la parola del Signore (Osea 1:1), trasmessa ai figli d’Israele, cioè al popolo d’Israele, attraverso il profeta (cfr. per esempio Numeri 12:6; 1 Re 22:19; 2 Re 7:1).
“Parola” (dāḇār) porta con sé anche le sfumature delle dieci parole dei requisiti del patto del Signore (cfr. Esodo 20:1; 34:28; Deuteronomio 4:2,10,12,13).
I profeti presero spesso il patto come base per chiedere che il popolo li ascoltasse (cfr. per esempio 2 Re 17:13-15; Isaia 1:10; 24:5; Geremia 7:23-25; 11:1-8; Amos 4:1; Michea 6:1).
La Legge come rivelata in Esodo-Deuteronomio contiene le regolamentazioni del legame pattizio che stabiliscono e governano la vita del popolo di Dio. Essa rappresenta lo standard secondo cui dovevano vivere.
“I profeti furono inviati dal re per richiamare Israele al patto. I profeti si preoccupano del patto” (John Echardt).
I profeti d’Israele richiamavano costantemente il popolo agli obblighi del patto.
Il loro ministero esisteva proprio perché Israele violava i principi fondamentali della relazione con Dio. Ogni messaggio profetico faceva riferimento all’accordo sacro fatto sul Sinai.
Se i profeti denunciano unanimemente le infedeltà di Israele verso il Signore suo Dio, se annunciano le maledizioni che minacciano il popolo peccatore, lo fanno in funzione dell’alleanza Sinaitica, delle sue esigenze e delle maledizioni e benedizioni su cui era fondato.
L’autorità dei profeti si basava sulla parola di Dio che avevano ricevuto - nella causa legali profetiche, Dio era l’attore (cfr. per esempio Isaia 3:13-15; Michea 2:1-4) e le Sue accuse si fondavano sul disprezzo del popolo per le leggi che regolavano la relazione pattuale tra Dio e Israele.
Non stavano inventando regole nuove - stavano ricordando le promesse infrante del popolo di Dio.
Parlando dei profeti, come Isaia, Geremia, Osea, Van Pelt scrive: “I profeti posteriori furono chiamati a servire come funzionari del patto di Dio, come avvocati del patto che perseguivano la causa legale del patto del Signore contro il suo popolo infedele, Israele. In altre parole, i profeti posteriori funzionano come procuratori del Signore.”
I profeti non erano predicatori improvvisati - erano procuratori divini con un mandato in mezzo al popolo di Dio!
Ogni epoca ha bisogno di voci profetiche che scuotono gli autocompiacenti e svegliano gli addormentati.
Non puoi essere messaggero di Dio se hai paura di disturbare la pace di chi dorme nel peccato!
Ed è proprio con questa autorità profetica che Osea si rivolge al popolo.
Quando apriamo la Bibbia privatamente o in chiesa la domenica mattina, non stai leggendo o ascoltando consigli spirituali - stai ricevendo una convocazione divina.
Dio ti sta chiamando a rispondere della tua vita.
Oggi la chiesa vuole motivatori personali e non procuratori divini; vuole profeti che confermino, non che convochino.
Vogliono messaggi che facciano sentire meglio, non che ci chiamino a rendere conto.
Preferiscono sermoni che accarezzino le nostre orecchie piuttosto che convocazioni che scuotano le nostre coscienze!
Eppure, Dio cerca ancora procuratori fedeli che disturbino la pace di chi dorme nel peccato.
E ogni credente ha la responsabilità di ascoltare quando la Parola di Dio viene predicata - non come intrattenimento domenicale, ma come convocazione legale del cielo.
Oggi non sei qui per caso.
Dio ti ha convocato attraverso questa Parola. La domanda non è se il messaggio ti piace o se ti fa sentire a posto con te stesso, ma se sei disposto a rispondere alla convocazione divina.
Ascolti con l’attitudine di chi sa di dover rendere conto, o con l’indifferenza di chi pensa di essere già spiritualmente a posto?
Ora, il comandamento: “Ascoltate la parola del Signore” è una convocazione legale a testimoniare la causa del Signore contro il Suo popolo (cfr. per esempio Isaia 1:2,10; Amos 3:1; Michea 1:2).
Quando un profeta parlava, era il tribunale del cielo che si apriva sulla terra.
Non era un invito gentile a una conversazione. Era una citazione in tribunale.
È come quando ti arriva la notifica del tribunale - non è una lettera che puoi ignorare, ma un atto ufficiale che richiede la tua presenza.
La presentazione di Dio avviene sotto forma di una causa contro i figli d’Israele che hanno commesso una violazione contro di Lui.
Tuttavia, non si tratta di una fredda accusa giudiziaria, ma mantiene un tono familiare emotivamente carico.
Questo versetto presenta la “controversia” di Dio con Israele, usando un linguaggio legale tipico dei tribunali antichi.
Il Signore agisce come querelante che presenta l’atto d’accusa contro il Suo popolo.
Quindi Dio qui non viene visto come giudice, ma come querelante, come parte lesa che presenta accuse e prove legali specifiche, contro il Suo popolo infedele che aveva violato il patto.
Il Signore, quindi è come se portasse il Suo popolo in tribunale per aver infranto il patto con Lui.
Ma non si trattava di un fallimento qualsiasi. Israele doveva essere “un regno di sacerdoti, una nazione santa” (Esodo 19:6).
Chiamati a obbedire seriamente a Dio a osservare il Suo patto, per essere luce delle nazioni con uno stile di vita che rispecchiava la santità di Dio.
Il loro cedimento non era solo un tradimento personale a Dio, ma anche un sabotaggio del piano divino per la redenzione del mondo.
Come ha detto qualcuno: “Il fallimento non è fatale, ma il fallimento di cambiare potrebbe esserlo.”
Tranne Gesù, quando venne sulla terra (cfr. per esempio 2 Corinzi 5:21; Ebrei 4:15), tutti falliamo - è parte dell’esperienza umana (cfr. per esempio Romani 3:23; 1 Giovanni 1:8-10).
Ma la cosa più triste, che può diventare il vero pericolo, non è nel fallimento stesso, è nel rifiutarsi di riconoscerlo e imparare da esso!
• È nel continuare a fare le stesse cose aspettandosi risultati diversi.
• È nel chiamare successo quello che in realtà è declino spirituale.
• È nello scambiare la tiepidezza per moderazione equilibrata.
Quando Israele violava il patto, non rovinava solo sé stesso. Comprometteva la missione divina per tutte le nazioni.
Ecco perché la controversia di Dio era così intensa.
La nazione sacerdotale del mondo aveva abbandonato il suo posto. E quando crolla il sacerdote, crolla tutto il sistema.
Questo spiega l’urgenza profetica: quando il popolo di Dio fallisce, il mondo intero ne paga il prezzo!
E oggi? Quando la chiesa fallisce nella sua missione, quando perde la sua distintività spirituale, quando si conforma al mondo invece di trasformarlo, non è solo la chiesa che soffre - è l’intera società che perde la sua bussola morale.
Quando i cristiani vivono come chi non conosce Dio, la società perde la speranza che esista un’alternativa.
Quando la chiesa compromette con la cultura invece di contrastarla, chi mostrerà alla società com’è possibile vivere diversamente?
Ecco perché non possiamo permetterci di fallire nella nostra chiamata. Il mondo sta aspettando che la chiesa sia quello che dichiara di essere.
Dopo la convocazione, consideriamo ora:
II LA CONTESTAZIONE DIVINA
“Il Signore ha una contestazione con gli abitanti del paese.”
“Contestazione” (rîb) è un termine generico per qualsiasi procedimento presso un tribunale mediante il quale un individuo cerca un rimedio legale.
Spesso usata dai profeti per indicare un’accusa contro Israele per violazione del patto (cfr. per esempio Isaia 3:13-14; 41:21-24; Geremia 2:4-9; Michea 6:1-8).
Il Signore non viene visto come giudice, ma come parte lesa che presenta accuse legali specifiche contro il Suo popolo infedele per violazione del patto, come querelante che presenta l’atto d’accusa contro il Suo popolo.
Una nota interessante è la transizione dal caloroso, familiare e intimo “figli d’Israele al freddo e distaccato “abitanti del paese”.
Come un chirurgo che taglia non per ferire ma per guarire, Dio porta il Suo popolo in giudizio non per distruggerlo ma per salvarlo.
L’ira di Dio è sempre al servizio della Sua gloria e del nostro bene supremo.
La Sua ira è la fiamma santa di un amore perfetto che non può sopportare il peccato che distrugge i Suoi figli.
La controversia di Dio non è emotiva, ma morale, non nasce da orgoglio ferito ma dall’amore santo.
Quando Dio disciplina, lo fa non perché abbia perso la pazienza, ma perché la Sua pazienza ha uno scopo: portarci al pentimento che conduce alla vita.
Dio è immutabile nella Sua santità - la Sua opposizione al peccato non è un cambio d’umore, ma la costante espressione del Suo carattere perfetto.
La pazienza di Dio non è indifferenza, e la Sua disciplina non è capriccio. Entrambe scaturiscono dalla stessa fonte: l’amore santo del patto.
Un amore che persegue il bene ultimo del Suo popolo anche quando questo richiede giudizio temporaneo.
Ma la storia non finisce con il fallimento di Israele.
L’apostolo Pietro ci mostra che la chiesa di Cristo ha ora ereditato questa stessa chiamata: “Voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una nazione santa, un popolo che Dio si è acquistato perché proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa” (1 Pietro 2:9).
La chiesa che perde la sua distintività perde la sua utilità.
Jim Wallis disse: “Il servizio e la missione della chiesa nel mondo dipendono assolutamente dall’essere diversa dal mondo, essere nel mondo ma non del mondo.”
Quando ci conformiamo alla società senza Dio invece di influenzarla, perdiamo la nostra ragion d’essere.
Se il mondo non vede differenza tra voi e sé stesso, non avete niente da offrirgli.
E noi viviamo in tempi in cui le tenebre si stanno addensando.
Il relativismo morale dilaga, la verità è diventata questione di opinione, i valori biblici sono sotto attacco.
Mai come oggi il mondo ha bisogno di un faro che funzioni!
La chiesa è come un faro in una notte tempestosa. Se il faro si spegne, non è solo il faro che scompare - è tutta la costa che va in frantumi. Quando la chiesa perde la sua luce, il mondo perde la sua strada.
Oggi tutti i veri cristiani sono il "regno di sacerdoti" di Dio nel mondo, chiamati a essere come dice Gesù, “sale della terra” e “luce del mondo” (Matteo 5:13-16).
Ma essere sale e luce non è un privilegio da custodire gelosamente - è una responsabilità da abbracciare coraggiosamente.
Il sale che rimane nella saliera non preserva nulla!
La luce nascosta sotto il moggio non illumina nessuno!
C’è una verità che dobbiamo fare nostra: ogni generazione di cristiani è la generazione strategica per il suo tempo.
Ogni generazione riceve un mandato. La domanda non è se il mandato è difficile, ma se siamo fedeli.
Non siamo responsabili del passato; siamo responsabili del nostro tempo, come lo è stato Mosè per il suo, o Elia per il suo, o Davide, o Paolo, o Tommaso D’Aquino, o Lutero, o Spurgeon e tanti altri per il loro tempo!
Non possiamo dire: “Che peccato che non viviamo ai tempi di Agostino per l’epoca dei padri, o di Michelangelo per il Rinascimento, o di Newton per l’era scientifica, se solo fossimo vissuti durante il risveglio puritano!”
Dio ci ha messi QUI, ORA, in QUESTO momento della storia. Questa è la nostra ora strategica!
Come Israele doveva mostrare alle nazioni come si vive sotto la sovranità di Dio, così la chiesa deve essere una società-contrasto che attrae il mondo verso Cristo.
La posta in gioco rimane la stessa: quando la chiesa fallisce nella sua testimonianza, il mondo ne paga il prezzo.
Quando perdiamo la nostra “salinità” spirituale, chi preserverà la terra dalla corruzione?
Quando non illuminiamo con le nostre buone opere, come possono le persone glorificare Dio?
Ecco perché la santità della chiesa è una questione cosmica, non solo personale.
CONCLUSIONE
Questo non è un messaggio confortevole! Dio ha una controversia, e quella controversia potrebbe essere con VOI, con ME, con questa chiesa!
Oggi abbiamo visto come il Signore dell’universo apre un procedimento legale contro il Suo popolo.
Non è un capriccio divino, ma l’inevitabile conseguenza di qualcosa che vedremo la prossima volta, a Dio piacendo.
Il tribunale del cielo è aperto, e mi chiedo se anche oggi Dio ha qualcosa contro la Sua chiesa, se ha una controversia contro di noi, se siamo mancanti contro di Lui riguardo l’aspetto morale e spirituale, e se siamo disposte a riconoscerle e a ravvederci.
Il tribunale di Dio non è cattiva notizia per chi è stanco della propria ipocrisia - è buona notizia.
Perché significa che Dio si cura abbastanza di noi da non lasciarci nella nostra autodistruzione.
È vero, oggi abbiamo un Avvocato che ci difende - Gesù Cristo (1 Giovanni 2:1). Ma questo non significa che possiamo vivere come vogliamo, ignorando la volontà di Dio.
L’avere un Avvocato non ci dà licenza di peccare, ma ci dà speranza di cambiare.
La grazia di Cristo non copre la disobbedienza deliberata, ma trasforma il cuore che si pente.
Gesù scrisse alla chiesa di Laodicea: ‘Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!’ Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo” (Apocalisse 3:17).
Laodicea rappresenta quelle chiese, o cristiani che si ingannano da soli.
Come scrive D.L. Akin: “Potevano ingannare altri, e potevano persino ingannare sé stessi, ma non potevano ingannare Dio.”
Dio vuole chiese oneste - oneste abbastanza da riconoscere i propri fallimenti e coraggiose abbastanza da cambiare.
La chiesa di Laodicea era orgogliosa, spiritualmente autosufficiente, si vantava della ricchezza, ma era spiritualmente in bancarotta.
Cristo la vedeva com’era realmente: infelice, miserabile, povera, cieca, nuda, tiepida.
Una chiesa tiepida è da vomito, nauseante per Cristo!
Gesù dice in Apocalisse 3:16-17: “Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente. Oh, fossi tu pur freddo o fervente! Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente io ti vomiterò dalla mia bocca.”
Gesù usa un’espressione molto forte: “Io ti vomiterò dalla mia bocca.”
Si riferiva che a Laodicea vi era acqua sulfurea sporca e tiepida, quindi vomitevole.
La tiepidezza spirituale provoca la stessa reazione in Cristo!
Quante chiese oggi si sentono “a posto”, spiritualmente ricche, mentre Dio vede una realtà completamente diversa: la tiepidezza!
La chiesa di Laodicea rappresenta tutto ciò che è sbagliato nel cristianesimo contemporaneo.
Era la chiesa del “tutto va bene” - nessuna dottrina scomoda, nessun confronto col peccato, nessuna chiamata al pentimento. Semplicemente tiepidi.
È la stessa malattia che affligge molte chiese oggi: hanno sostituito la predicazione fedele della Parola con sermoni motivazionali.
Hanno rimpiazzato la disciplina della chiesa con l’inclusività a tutti i costi.
Pensano che le grandi folle e i budget milionari siano segni della benedizione di Dio, quando in realtà Cristo è fuori dalla porta che bussa.
Laodicea non aveva bisogno di un nuovo programma - aveva bisogno di ritornare a essere zelante (Apocalisse 3:19) - cioè, avere una passione ardente, fervore intenso, dedizione totale per Cristo - e di pentimento.
Non è solo entusiasmo superficiale, ma impegno profondo che trasforma le priorità e le azioni secondo la volontà di Dio.
Essere zelanti significa essere intenzionalmente e appassionatamente devoti a Cristo, non religiosamente routinari.
Quante chiese oggi si sentono a posto, spiritualmente ricche, mentre Dio vede una realtà completamente diversa?
Ora se in questo momento “il tribunale del cielo” è aperto nella nostra chiesa, o nella nostra vita, siamo pronti a riconoscere le nostre mancanze, le nostre responsabilità?
Quando il profeta di Dio parla, siamo disposti ad ascoltare per cambiare?
Dio vuole chiese oneste - oneste abbastanza da riconoscere i propri fallimenti e coraggiose abbastanza da cambiare.
Come l’Israele antico, anche noi rischiamo di fallire nella nostra missione.
Anche noi possiamo diventare sale che ha perso il sapore, luce nascosta sotto il moggio.
Ma c’è speranza: riconoscere la controversia divina è il primo passo verso il pentimento e il restauro.
La prossima volta scopriremo qual è specificamente l’accusa che Dio muove contro il Suo popolo: “Non c’è verità, né misericordia, né conoscenza di Dio nel paese.”
Vedremo l’anatomia di un collasso sociale e come possiamo evitare la stessa trappola.
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